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Nel tempo libero un meccanico si diletta ad “inventare” soluzioni per rendere più facile la vita domestica di tutti i giorni. Niente di sofisticato, qualcosa di semplice riutilizzando materiali trovati qua e là. Una invenzione in particolare spicca fra le altre, per la sua semplicità ed utilità. Il meccanico pratica un foro passante attraverso il tetto in lamiera della sua casa e vi alloggia una bottiglia di plastica trasparente contenente acqua e due tappi di ammoniaca. Come risultato, la luce solare che colpisce la bottiglia viene amplificata e irradiata all’interno della stanza, illuminandola per intero con una potenza di 60 lumen. Il meccanico ha appena creato un lampadario diurno che costa meno di due dollari americani.
Si dà il caso che il meccanico si chiami Alfredo Moser, e che la sua abitazione si trovi in una delle principali e più affollate favelas della città di Rio de Janeiro in Brasile. E si dà anche il caso che, come tutti i suoi vicini, il signor Moser non sia una persona particolarmente abbiente.
Alfredo Moser condivide la sua scoperta con gli abitanti della favela, e questi a loro volta la condividono con i loro conoscenti sparsi per tutto il Brasile, e dal Brasile questa semplice quanto efficace soluzione si diffonde nel resto del mondo.
Da una casa di favela, l’invenzione di una mente creativa ha oggi cambiato le vite di milioni di individui in condizione di povertà energetica ad ogni latitudine e si chiama Liter Of Light.
Questo non è che un esempio dei cambiamenti che può generare la condivisione di conoscenza, e di come una soluzione semplice ed accessibile a tutti può arrivare là dove gli interessi economici la fermano: agli ultimi, ai dimenticati, agli invisibili.
Il network di Liter Of Light, pur evolvendo tecnologia e modi d’intervento, ha fatto di questa filosofia il proprio punto cardinale, applicandola a tutti gli interventi che effettua nel mondo. Per far fronte alla drammatica mancanza di accesso a servizi di base come acqua potabile, energia, alimentazione, è impensabile continuare col fallimentare approccio assistenzialista che ha caratterizzato 80 anni di cooperazione internazionale.
È necessario condividere innovazione e conoscenza per generare business e concorrenza sostenibili su base locale che vada a beneficiare la popolazione locale.
Proprio in ragione di valorizzare l’imprenditoria locale, Liter Of Light ha da sempre perseguito l’obiettivo “zero espatriati”. Vale a dire che se da un lato vi è una collaborazione internazionale fra i team e sovente capita di effettuare trasferte all’estero, dall’altro tutti i professionisti coinvolti nel progetto lavorano nello stesso Paese dove risiedono.
Questa scelta permette di sviluppare, assistere e monitorare da vicino tutte le attività svolte sul campo fornendo un efficace supporto alle comunità beneficiarie; allo stesso tempo, quando è necessario effettuare uno studio di fattibilità oppure viene ideato un progetto, il personale è direttamente a contatto con le comunità e questo rapporto diretto massimizza l’efficacia degli interventi.
L’obiettivo “zero espatriati” è stato pensato anche in ragione della componente ambientale,
altro caposaldo di Liter Of Light.
La vicinanza geografica agli interventi effettuati riduce drasticamente i costi logistici (-70%) e conseguentemente le emissioni da essa generate. Lo spostamento su gomma o rotaia, ove possibile, genera un impatto ambientale esponenzialmente inferiore rispetto ai trasporti aerei, ed il trasferimento del know-how agli abitanti locali sulla manutenzione delle lampade lo abbassa ulteriormente.
È possibile pensare una cooperazione internazionale davvero inclusiva, responsabile, sostenibile ed efficace sul territorio, che crei resilienza ed opportunità per coloro che ne sono privi, ma per farlo bisogna partire dal basso: dai bisogni di queste persone e dal loro potenziale. Creare strumenti di reale condivisione, non di divisione.
Senza questi strumenti, continueremo a rattoppare il problema senza porvi rimedio, condannando così milioni di individui alla mera sopravvivenza.
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